LA FESTA DEL MAGGIO
Oggi come ieri in Toscana, ma soprattutto in Maremma, nella notte
tra il 30 aprile ed il 1’ Maggio è possibile ancora ascoltare questo
antico canto itinerante di questua le cui origini ci riconducono
all’antico culto degli alberi e dei rituali agresti; un rito
propiziatorio che con il tempo ha sostituito antiche pratiche
pagane, diventando un canto augurale nel quale si trasmettono gli
auguri gioiosi per l’arrivo della primavera, al rifiorire della
natura dopo i rigori dell’inverno, auspicando fertilità e buon
raccolto.
Una tradizione ininterrotta quella del “Maggio”, che ha resistito
fino ad oggi al corrodere della civiltà moderna. Questo
probabilmente perché la Maremma è sempre stata “un’area laterale”
nella quale sono progressivamente confluite e via via sedimentate le
varie manifestazioni della nostra cultura contadina, delle quali
magari si è perso traccia nel luogo di origine, ma che dal nostro
territorio sono state assorbite e fatte proprie, andando a
costituire un patrimonio vivace ed esclusivo
Così in Maremma è facile imbattersi in queste variopinte brigate dei
“maggerini” tutte adornate di fiori e colori che vagano di podere in
podere, partendo il pomeriggio del 30 aprile per arrivare al
pomeriggio del giorno successivo, dopo aver cantato tutta la notte.
Queste squadre di inconsueti visitatori notturni sono formate in
genere da 10/15 elementi; vestono abiti e cappelli solitamente
decorati con fiori di carta e nastri colorati.
Il gruppo è accompagnato dal suono di strumenti musicali quali la
fisarmonica e la chitarra. Nei gruppi, oltre alle voci del coro,
troviamo vari personaggi, come la figura centrale del “Poeta” che in
genere compone il testo del “Maggio” ed intona il “permesso” per
entrare nei poderi ed il “ringraziamento” prima di uscire,
improvvisando sempre versi in “ottava rima”; “L’Alberaio” che porta
il ramoscello d’alloro fiorito simbolo del “Maggio”; il “Corbellaio”
incaricato di raccogliere e custodire i doni e le offerte fatte
dalle famiglie che in seguito saranno consumate in un pasto comune
chiamato “Ribotta”.

Ma v’è una tal notte in cui dai poggi e dalle
pianure
è un risuonar dovunque d’un’altra canzone,
vo’ dir quella del “Maggio"
(G. Tigri “Canti popolari toscani” 1869)
L’Alberaio
“Quest’albero ho raccolto alla foresta
forse a tagliarlo avrò fatto peccato
ma vista l’importanza della festa
ecco che con noi adesso si è portato;
per l’occasione bella come questa
guardate un po’ se bene l’ho adornato
cresca la biada il grano ed ogni ortaggio
questo è l’augurio che vi manda Maggio!"

Maggio
“E’ giunto maggio il mese produttore
Ci aiuta ci conforta e ci accarezza
Chiede la pace e ci porta l’amore
Credo nel mondo la miglior bellezza
Ma in questa terra c’è tanto rumore
L’uno contro l’altro non ci si apprezza
Speriamo il nuovo maggio con i suoi fiori
Faccia riflettere i nostri conduttori.”
LA FESTA DEL PRIMO MAGGIO A BRACCAGNI
(GR)
E’ ormai una consuetudine che si è consolidata: dal 1991 squadre di
“maggerini” provenienti da tutte le parti della Maremma si danno
convegno nel pomeriggio del 1’ maggio nella suggestiva cornice
dell’oliveto del Campo della Fiera a Braccagni (GR), ai piedi della
collina di Montepescali, palcoscenico ideale per una manifestazione
che funge da occasione di verifica e di incontro tra i gruppi
portatori di questa antica tradizione e che in questi anni ha
offerto la possibilità di ascoltare formazioni che si presentano con
modi diversi di cantare
Tra le numerose squadre che vi partecipano da ricordare: il Coro
degli Etruschi, Ponti di Badia, Ottava Zona, Ribolla, Maremma in
musica, Roccatederighi, Pettirossi di Roccastrada, Grilli, oltre
alle due squadre di Braccagni. Ma la festa, spontanea e dal sapore
antico, è anche un’ottima occasione per ascoltare i più autentici
interpreti della nostra cultura popolare, come poeti estemporanei
quali: Francesco Benelli, Elino Rossi o il giovane Enrico Rustici;
stornellatori, cantastorie come Mauro Chechi, Eugenio Bargagli,
cantanti folk come Lisetta Luchini e Silvana Pampanini, oltre al
celebre Riccardo Marasco.
Ogni anno la festa è corredata, oltre che dall’immancabile merenda a
base di prodotti tipici locali (ricordiamo che la merenda e
l’entrata sono a offerta!), da appositi spazi adibiti ad esposizioni
culturali, mostre fotografiche e a dimostrazioni pratiche attinenti
attività artigianali ormai in disuso. L’appuntamento, seguito da una
numerosa schiera di appassionati, è reso possibile grazie alla
volontà dei giovani del Gruppo Tradizioni Popolari “Galli
Silvestro”, in collaborazione con la locale Circoscrizione, con il
patrocinio del Comune e della Provincia di Grosseto, e si va
proponendo come una delle scadenze calendariali folcloriche più
rilevanti della provincia di Grosseto.
LO SVOLGIMENTO DEL RITO DEL MAGGIO
Il modo in cui ciascuna comunità “canta il
Maggio” è sempre differente e dipende da una maggiore o minore
continuità di tradizione; nella maggioranza dei casi siamo di fronte
a fenomeni di recupero, revival e re-invenzione della tradizione.
Per una descrizione generale sulle modalità di svolgimento della
festa faremo riferimento al Maggio maremmano, cantato in provincia
di Grosseto, che presenta insieme parecchi elementi peculiari della
festa che altrove si ripresentano solo parzialmente. Infatti, nel
secondo dopoguerra la Maremma fu meta di immigrazione da molte zone
rurali d’Italia, per la disponibilità di terre coltivabili assegnate
dall’Ente Riforma Fondiaria; quest’area è diventata così luogo di
scambio e confronto di culture e tradizioni contadine provenienti da
ogni parte d’Italia. Qui hanno potuto sopravvivere usanze, mestieri
e riti altrimenti scomparsi nei luoghi d’origine, di fatto
rinnovando e arricchendo la tradizione toscana.
I componenti del gruppo sono amici, spesso parenti fra loro. Non è
detto però che si vedano spesso al di fuori dell’occasione del
canto.
Ogni gruppo, o “squadra”, varia da cinque-sei persone fino ad
arrivare a più di venti. La rinnovata popolarità che il Maggio sta
riscotendo in questi ultimi anni ha portato alla formazione di
parecchie squadre, spesso più di una per paese, in competizione
musicale tra loro. Si gareggia anche nella ricchezza e vivacità
degli ornamenti preparati dai maggerini stessi e dalle loro
famiglie: vengono preparati centinaia di fiori di carta colorata per
guarnire cappelli di paglia e bastoni; spesso il costume viene
completato da fazzoletti al collo e nastri colorati, il tutto però
all’insegna della praticità richiesta da una lunga escursione
notturna per le campagne. Spesso i bastoni e i cappelli più belli
vengono conservati; a volte mantengono vivo il ricordo di maggerini
scomparsi.
In Maremma l’usanza si associa indissolubilmente con un’altra
pratica tradizionale profondamente radicata: l’improvvisazione in
ottava rima. Oltre alle canzoni tradizionali, riproposte ogni anno,
il momento più importante delle questue maremmane consiste nelle
ottave “personalizzate”, che il poeta del gruppo canta agli ospiti
che si vanno mano a mano a visitare, con cui quasi sempre c’è
conoscenza diretta. La bravura e la simpatia del “poeta” è la
garanzia del prestigio della squadra e del successo delle nottate di
canto.
Avvicinandosi a un podere, il poeta attacca con delle ottave di
saluto, rivolgendosi al “capoccia”, il padrone della masseria,
chiedendogli ospitalità in casa, il cosiddetto “permesso”:
A tutti voi lo chiedo il permesso
Per me e per i miei compagni tutti quanti
E nel vostro cuore io ci vedo
Che di sentir cantar sarete amanti;
se ci date il permesso come credo
noi vi farem sentire i nostri canti
vi canteremo i maggio e si va via
lasciandovi nel cuore l’allegria.
Gino Zucchelli, maggesino maremmano della zona di Cura Nuova (Massa
Marittima), racconta come in passato la concessione del permesso ad
entrare non fosse una formalità, ma una vera e propria prova di
poesia e di resistenza (1): Per entrare nei poderi non era sempre
facile: quando fuori faceva freddo ed il poeta era in gamba ci
aprivano subito la porta, ma mi ricordo un anno dalla famiglia
Braglia alle Case Nuove ci tennero un’ora fuori: il poeta doveva
cantà per trovare la chiave per entra’ dentro.
Una volta fatti accomodare, nella cucina o nel soggiorno di casa,
mentre vengono offerti dolci e vino, tutti insieme i maggerini
cantano in coro il “Maggio” vero e proprio, accompagnati dal
fisarmonicista, che in genere è l’unica strumentista del gruppo (si
possono aggiungere una o due chitarre, o una seconda fisarmonica a
seconda della disponibilità di musicisti. Poi si fanno avanti gli
altri componenti “specializzati” della squadra, l’alberaio e il
corbellaio, che improvvisano le loro ottave, (i meno tagliati per
l’improvvisazione hanno a memoria un’ottava “di baule” da cantare
più o meno uguale in ogni casa).
L’alberaio è l’incaricato di portare il “Maggio”, il tronco d’albero
decorato sempre con fiori e nastri, che è lo stendardo e il simbolo
della squadra. Per Quinto Paroli, poeta del maggio scomparso, era un
elemento fondamentale (1) “L’albero come si fa noi ‘un lo fa
nessuno. L’addobbo personalmente perché gli altri ‘un so’ boni.
L’albero è il simbolo del Maggio e ci tengo che faccia figura,
rappresenta la primavera.”
Di Quinto Paroli è anche quest’ottava d’alberaio (1)
Or tocca a me che porto l’alberello
È il simbolo di maggio e primavera
Se lo guardate bene quanto è bello
Pien di vigore con la sua bandiera;
e tutti gli anni fa ‘l ritornello
porta il profumo con aria sincera
e poi di tutto porta l’abbondanza
è vigoroso e pieno di speranza.
Dopo l’alberaio canta il corbellaio, che prende il nome dal
corbello, il grosso cesto di vimini che porta sulle spalle. Egli si
occupa della raccolta dei doni lasciati da ogni famiglia visitata,
prima esclusivamente alimentari (soprattutto uova), oggi perlopiù in
denaro. Con le sue ottave incita gli ospiti ad essere prodighi di
doni e li ringrazia, magari con qualche battuta di spirito se non
ritiene soddisfatto del ricavato. Anche qui citiamo un’ottava di
Paroli (1)
Di questa squadra sono un componente
Anch’io il mio dovere voglio fare
Anche se arrivo tardi non fa niente
Ma del buon cuore debbo ringraziare
Di quanto avete dato è sufficiente
Che meglio di così ‘un potevi fare
Vi devo fare i miei complimenti
Vi dico grazie ancora e siano contenti.
A volte, specialmente in Maremma, può accadere che anche il padrone
di casa sia abile nell’improvvisazione in ottava rima; ne nascono
dei veri e propri contrasti estemporanei che, complice il vino,
possono protrarsi anche per parecchie ottave e ritardare il giro
della squadra.
Il poeta ringrazia con diverse “ottave di saluto”, e la squadra
riparte alla volta della prossima casa. Il giro continua per tutta
la notte.
(Testo in collaborazione con Andrea Virili)(1) Tratto da “Quinto
Paroli Poeta del maggio” di Roberto Fidanzi (anno 1997)
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